Il Catch & Release (dall’inglese catturare e rilasciare) è una filosofia di pesca per la quale non si uccide il pesce pescato, qualsiasi sia la tecnica di pesca utilizzata, ma si rilancia in acqua. La pesca a mosca e lo spinning, sono tutt’ora le discipline in cui viene praticato maggiormente il Catch & Release.
Studi scientifici di varie facoltà di ittiologia internazionali e la marcatura dei pesci catturati, hanno dimostrato senza ombra di dubbio che i pesci liberati non solo sopravvivono a lungo, ma possono essere ricatturati. L’impatto ambientale dei pescatori che praticano questa tecnica è quasi nullo dato che la popolazione ittica di una determinata area non viene in questo modo intaccata da un prelievo indiscriminato.
Rilasciare il pesce pescato, per chi condivide, attua e diffonde la pratica del catch and release, non è solo segno di civiltà e rispetto ambientale, ma rappresenta una vera filosofia e approccio alla pesca, dove alla gioia della cattura si aggiunge la felicità del vedere l’animale appena catturato di nuovo libero
Norme per il Catch and Release
- Usare ami singoli e senza ardiglione: Le ancorette o gli ami con ardiglione possono provocare danni ingenti al pesce mettendo a rischio la sua sopravvivenza dopo il rilascio. Gli ami che ne sono sprovvisti rendono più facile la slamatura e arrecando pochi danni al pesce.
- Recuperare e slamare il pesce velocemente: il pesce durante il recupero lotta strenuamente per liberarsi e questo causa il rilascio di un livello eccessivo di acido lattico. Dopo questa lotta il pesce resta fermo per lungo tempo impendendo l’ossigenazione e, a volte, abbandonandosi alla corrente. Ugualmente importante è la slamatura veloce favorita dall’assenza dell’ardiglione sull’amo.
- Tenere il pesce in acqua: se nel recupero portiamo il pesce sin sopra riva, specie se sabbiosa o sassosa, ciò gli cagionerà altre ferite causate dagli urti o dallo sfregamento su di una superficie ruvida. Il pesce è ricoperto da un muco protettivo la cui perdita lo mette a rischio sfregamento e successiva infezione da parte di parassiti. Quindi và rilasciato quando è ancora in acqua.
- Maneggiare delicatamente il pesce con le mani bagnate: molto importante è bagnarsi le mani prima di toccare il pesca. In caso contrario il pesce potrebbe subire uno shock termico dovuto alla differenza di temperatura e bagnarsi le mani riduce abbastanza lo shock evitando anche l’asportazione del muco protettivo. Bisogna anche maneggiarlo con estrema delicatezza evitando di stressare troppo le branchie oppure di strignerlo. Il retino, se privo di maglie, può aiutare se stiamo attenti a non far impigliare le maglie nelle branchie.
- La slamatura: oltre a fare tutto ciò delicatamente e velocemente mantenendo il pesce in acqua, è opportuno utilizzare delle pinze. Il pesce allamato profondamente non deve essere slamato. In questo caso la slamatura provoca ferite assai gravi in parti vitali e quindi è meglio tagliare la lenza. Dal 2006 esiste uno slamatore in grado di slamare la preda e invertire la posizione dell’amo in qualsiasi punto esso sia invertendone la posizione e quindi evitando danni durante la risalita dell’amo.
- La rianimazione: se il pesce è esausto non va lasciato andare immediatamente ma occorre mantenerlo in acqua tenendolo con le mani e contro corrente. Deve essere mosso in avanti ed indietro in modo da far entrare l’acqua e quindi l’ossigeno nelle sue branchie. Lo si rilascia solo nel momento in cui inizia a muoversi da solo.