Per una giornata di pesca occorrono normalmente dalle 3 alle 5 cassette di sarde possibilmente freschissime (6-7 kg). Giunti nella zona prescelta, si effettueranno giri concentrici, sempre più stretti, lanciando in acqua sarde (4-5 chili).
Un altro metodo di pasturazione iniziale comporta una semplice “strisciata” di alcune centinaia di metri. Completata la pasturazione, bisogna prendere una decisione: ancorarsi o lasciarsi andare in deriva. Anche su questo punto i pareri sono difformi: in alcune zone è preferito il primo sistema, in altre il secondo. Se l’opzione sarà quella dell’ancora occorrerà legare la cima ad un ben visibile segnale galleggiante da gettare prontamente in acqua al momento dello strike e a ritrovarlo dopo il combattimento; per ulteriore sicurezza sarà bene annotarsi il punto loran o GPS.
Le canne da pesca
Una volta presa la decisione di ancorarsi o meno la prima operazione da fare è quella di mettere in pesca le lenze. Si può pescare con una, con due o anche con tre canne filate a distanze ed a profondità diverse. L’equipaggio ideale è composto da quattro elementi: lo skipper, l’angler, il mate (colui che si incarica del raffiaggio) e una quarta persona buona a tout faire. Con tre canne in pesca un assetto abbastanza abituale è il seguente:
- una lenza sorretta da un palloncino a 40 metri dalla barca e affondata di altri 40 metri mediante un piombino a perdere;
- una lenza, sostenuta sempre da un palloncino, a 20-25 metri dalla barca e affondata di 15 metri;
- una lenza, senza piombo e senza galleggiante, a 10-15 metri alla barca.
Se si utilizzano diverse lenze, le esche devono essere posizionate il più distante possibile.
Le esche
Le esche potranno essere costituite da sgombri, boghe, sugarelli e, quasi sempre, dalle sarde. Queste ultime, in numero di due o tre, saranno inserite nell’amo o per la testa, o per la pancia, a croce o a ciuffo, ma mai per la coda. Il ventre delle sarde dovrà possibilmente essere rivolto verso l’alto per simulare la posizione che assumono i pescetti di richiamo.
Le frizioni dei mulinelli andranno tarate su una potenza pari a circa un quarto di quella della lenza madre. Durante la “cala” delle esche le frizioni stesse saranno momentaneamente regolate su valori più bassi ma mai disinserite; ciò in quanto può accadere che il tonno abbocchi e parta per la tangente. Attenzione perciò a filare la lenza senza mai farla avvolgere intorno alle mani o alle dita.
Si getta in acqua una sarda e, appena essa comincia a scomparire dalla nostra visuale, se ne getta un’altra e così via di seguito; ogni tanto conviene schiacciare con il pollice la vescica natatoria (che si trova subito dietro la testa) per aumentare il coefficiente di affondamento oppure bisogna tagliarla a tocchetti (tre possono andar bene).
Il combattimento
Quando e se il rumore del mulinello comincerà a deliziarci con il suo canto elettrizzante:
- lo skipper avvierà i motori lasciandoli in folle;
- gli altri membri dell’equipaggio toglieranno di mezzo le lenze non impegnate e butteranno a mare l’eventuale boa di ormeggio;
- l’angler indosserà il giubbotto e porterà al seggiolino la canna baciata dalla fortuna; non dovrà in alcun caso contrastare la fuga del tonno; anzi se questa è assai lunga dovrà cercare di capire, attraverso la trazione cui è sottoposta la canna, se è o meno il caso di alleggerire il tiro che, con lo svuotarsi del mulinello e con la conseguente diminuzione della forza di leva, potrebbe risultare eccessivo.
Durante la fuga iniziale, che di solito è la più violenta e prolungata, lo skipper farà muovere la barca verso la direzione presa dal pesce e l’angler recupererà rapidamente filo. Non appena il tonno dà cenni di cedimento recuperare velocemente.
Generalmente, a un certo punto, il tonno scenderà di quota e comincerà a fare dei giri concentrici per ossigenarsi quindi qualche strattone potrà aiutare a farlo stancare prima. Spesso però ci si trova con il tonno sotto la barca inchiodato al fondo; bisogna quindi ricorrere a pompaggio continuato e senza tregua: si solleva di forza e al massimo il vettino della canna e lo si riabbassa di volata riavvolgendo contestualmente filo in bobina.
Quando il pesce risulta molto vicino alla barca (15 20 m) bisogna stringere, senza esagerare, la frizione. Se si esagera il pesce potrebbe, con qualche strattone, portarsi sul fondo della barca mettendo a rischio la lenza. Per evitarlo quindi bisogna riallentare la frizione e farlo allontanare.
Nel momento in cui si trova parallelo (o quasi) allo scafo si può procedere con il raffiaggio. Il raffio dovrà penetrare possibilmente nella parte addominale prossima alla testa.
L’imbarco
Dopo avere passato una cima con nodo scorsoio intorno alla radice della coda e, se possibile, un’altra cima attraverso le branchie, dovremo fare un confronto fra le dimensioni del tonno e le energie dell’equipaggio.
A seconda dei casi potrà essere: salpato di forza, ovvero avvalendosi del bigo oppure legarlo lungo la fiancata della barca e trascinarlo.
Molto spesso il tonno arriva nei dintorni della barca e mangia tutte le sarde della pastura tranne quelle innescate sull’amo. In questo caso è possibile muovere l’esca davanti al tonno sperando che la mangi. Altre volte invece nemmeno questo trucco funziona ma qualche tentativo lo potremo pur fare:
- portiamo l’esca a galla e farla ballonzolare in superficie con ripetute parziali immersioni ed emersioni;
- sostituiamo l’esca mutandone la posizione di innesco;
- gettiamo l’esca a mare contemporaneamente e nel bel mezzo di una buona manciata di sarde da brumeggio;
- sostituiamo il terminale montandone uno di colore e/o di materiale diverso.
Un altro scenario molto meno frequente ma pur sempre possibile consiste in due tonni che fanno partire le canne in contemporanea. In questo caso vale una regola tassativa ed inderogabile: tagliare una delle due lenze.